60esimo Parrocchia 17.11.1963-17.11.2023

No all'inequità che genera violenza

Oggi da molte parti si reclama maggiore sicurezza. Ma fino a quando non si eliminano Ì'esclusione e l’inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l'esplosione. Quando la società - locale, nazionale o mondiale - abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità. Ciò non accade soltanto perché l’inequità provoca la reazione violenta di quanti sono esclusi dal sistema, bensì perché il sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice. Come il bene tende a comunicarsi, così il male a cui si acconsente, cioè l ’ingiustizia, tende ad espandere la sua forza nociva e a scardinare silenziosamente le basi di qualsiasi sistema politico e sociale, per quanto solido possa apparire.

(E.G. 59)

Impegno settimanale

Cerco di essere credibile e di essere autentico oltre i protocolli e le tradizioni.


Domenica 28 febbraio

No all'inequità che genera violenza

Dt 6,4a; 18,9-22; Sal 105 (106); Rm 3,21-26; Gv 8,31-59

Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: Diventerete liberi?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato». (Gv 8,31-34)

La pagina del Vangelo svela l’inganno in cui cadiamo spesso noi cristiani di lunga tradizione, che ci sentiamo sicuri della nostra fede e del nostro modo di viverla: è l’inganno che fa pensare di essere autentici e liberi, mentre in realtà siamo schiavi di un modo di fare, di dire e di essere che non corrisponde al Vangelo. Dobbiamo riaprire gli occhi, rientrare in noi stessi e saperci osservare. La favola del re nudo ci ricorda che il bambino é colui che non si lascia condizionare da mille argomentazioni o rare riflessioni, ma che dice semplicemente quello che “vede”, non preoccupato del parere degli altri. E questa la profezia della autenticità di cui ha bisogno la Chiesa.

Preghiamo

Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sia gioia. Salmo 1


Lunedì 29 febbraio

No alla inequità che genera violenza

Gen 17,9-16; Sai 118 (119),57-64: Pr 8,12-21; Mt 6,7-15

«Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Voi dunque pregate così: Padre nostro...». Mt 6,6-7,9a

In questo anno della misericordia i nostri occhi si fissano nel volto del Padre, un volto riflesso nelle parole e nel volto di Cristo, un volto di misericordia. In molte parti del mondo il padre è un uomo autoritario e molte volte irresponsabile: non riconosce i figli, non li aiuta e addirittura ne abusa. Eppure in questi giovani che vivono “la morte” del padre si riscopre un desiderio di amore, il desiderio di essere amati. Il Padre di tutti, o il padre di ciascuno in maniera personale, è la buona notizia di cui ha bisogno il mondo.

Quando preghiamo il “Padre nostro” ci facciamo voce dei fratelli che ancora non lo hanno conosciuto.

Preghiamo

Che tutti i giovani possano dire "Padre nostro”.
Che tutti i poveri confidino nel "Padre nostro”.
Che tutti gli "orfani” perché abbandonati, rifiutati, traditi, feriti possano trovare pace nel dire "Padre nostro
Che da questa preghiera possa nascere la fraternità universale di cui il mondo ha bisogno.


Martedì 1 marzo

No alla inequità che genera violenza

Gen 19,12-29; Sal 118 (119),65-72; Pr 8,32-26; Mt 6,16-18

E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.(Mt, 6,22-23)

I profeti ci invitano a una pratica diversa del digiuno (Is 58,5-9): «sciogliere le catene inique, dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, senza trascurare i tuoi parenti...». Questo digiuno è vissuto con gioia e allegria di chi allarga i paletti della sua tenda, della sua comunità, di chi allarga l’orizzonte del suo mondo fino al confine che Dio ha posto: l’umanità dei suoi figli. Il risultato è una fraternità, una famiglia universale. Forse per praticare questo digiuno profetico abbiamo bisogno di piegare la nostra umanità, il nostro corpo perché sappia obbedire al desiderio di Dio e non al nostro.

Preghiamo

Digiuno grato al Signore è la fraternità,
trasforma la nostra ricchezza in condivisione,
apre la nostra cultura al dialogo.
Che nessuno patisca la fame come prezzo dell’ingiustizia ma piuttosto come conseguenza della comunione.


Mercoledì 2 marzo

No all'inequità che genera violenza

Gen 21,7-21; Sai 118 (119),73-80; Pr 10,28-32; Mt 6,19-24

La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!(Mt, 6,22-23)

Lo sguardo di Gesù verso la umanità è uno dei tratti più commoventi del Vangelo, diversamente dallo sguardo di noi uomini verso i nostri fratelli. Noi cadiamo spesso nell’errore di cercare il difetto (la pagliuzza), di pensar male, di giudicare le intenzioni. Lo sguardo di Gesù sa riconoscere il cammino, la conversione, il cambio che l’uomo o la donna cerca. Avere lo stesso sguardo di Gesù verso i nostri fratelli significa avere uno sguardo luminoso che sa rischiarare anche le tenebre del nostro fratello, che non getta ombre, che non cerca l’oscurità della menzogna o dell’inganno, che non rapina, non afferra, non cattura, ma che dà luce, che apre alla vita e alla libertà.

Preghiamo

Se dico: “almeno le tenebre mi avvolgano
e la luce intorno a me sia notte”
nemmeno le tenebre per te sono tenebre
e la notte è luminosa come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.
lo ti rendo grazie:
bai fatto di me una meraviglia stupenda.

Salmo 139


Giovedì 3 marzo

No alla inequità che genera violenza

Gen 25,5-6.8-11; Sal 118 (119),81-88; Pr 12,17-22; Mt 6,25-34

Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mungerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre.
Non valete forse più di loro? Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso.
A ciascun giorno basta la sua pena.
(Mt, 6,25-26,34)

Vivere non preoccupati per il futuro sembra essere una utopia. Come posso non essere preoccupato per il lavoro, per l’educazione dei mie figli o nipoti o per il mio stesso futuro? Come posso non preoccuparmi ora che vengono sempre meno le sicurezze economiche e la certezza di avere qualcosa per comperare il necessario? Il Vangelo ci suggerisce: «preoccupati piuttosto di avere una profonda comunione con la volontà del Padre, di desiderare quello che lui vuole, di amare quello che lui ama». Preoccupiamoci di non perdere la convinzione che noi abbiamo valore ai suoi occhi e che lui provvede alla nostra vita.

Preghiamo

Io non mi preoccupo, però tu preoccupati di me.
Io cerco di confidare in te,
ma tu non farmi perdere la speranza.
Io mi affido, tu non tardare a farmi sentire
Il tuo abbraccio sicuro e confortante.


Venerdì 4 marzo

No alla inequità che genera violenza

giorno aneucaristico

Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo. I vostri occhi videro ciò che il Signore fece. Ma bada a te e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli.(Dt, 4,2-3a,9)

Uno dei peccati, che facciamo fatica a riconoscere e a confessare, è il fatto che ci dimentichiamo delle grazie del Signore. Ci dimentichiamo dei suoi comandi, ma molto più grave, ci dimentichiamo dei suoi prodigi nella nostra vita. Dobbiamo ricordarci dunque di quello che abbiamo vissuto, dei doni ricevuti anche in mezzo a mille disavventure. Il Signore ci dà e ci ha sempre dato segni chiari della sua vicinanza: a volte sembra tacere, nascondersi per un attimo ai nostri occhi, ma non scompare, ci insegna solo ad avere fiducia in noi stessi. E noi dobbiamo imparare a raccontare agli altri la nostra storia di fede perché tutti sappiano che abbiamo visto il Signore della nostra vita.

Preghiamo

Perdonami se ho dimenticato le volte che Tu hai consolato con la tua presenza la mia desolazione.
Perdonami se ho dimenticato l’amore di un tempo e l’entusiasmo del mio inizio della fede.
Perdonami per quando non ho avuto il coraggio di raccontare e insegnare ad altri che Tu mi sei stato vicino.


Sabato 5 marzo

No alla inequità che genera violenza

Ez 36,16-17a.22-28; Sai 105 (106); 2Cor 6,14b-7,l; Me 6,6b-13

Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando. Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non pollare due tuniche.(Mc 6,6b-9)

Gesù dice di portare solo un bastone. Ma perché un bastone? Probabilmente per alleviare il peso del cammino o per proteggersi da qualche animale, non certo per difendersi in caso di assalto, anche perché è specificato di non portare nient’altro. Le ricchezze della missione devono essere la comunione, la fraternità e la fiducia nel Dio che testimoniamo e che diventano carità gratuita. Ci è chiesto di essere autentici nella fede e quindi poveri, autentici nella carità e quindi fratelli e, come i discepoli, di superare le nostre debolezze e resistere nella tentazione.

Preghiamo

Ripartiamo percorrendo il villaggio globale del mondo come discepoli poveri di tutto ma ricchi della conoscenza del Maestro, spogliati di tutto ma non della fiducia, provati in tutto ma non nella speranza di raggiungere i fratelli che più lo necessitano.