60esimo Parrocchia 17.11.1963-17.11.2023

Santa Messa del 13 marzo 2016

Le prime vittime che hanno perso tutto con la guerra sono le persone più povere, le più pacifiche e vulnerabili, prese di mira da milizie, le più pericolose e crudeli di tutti i tempi.

Milizie che a loro volta sono vittime delle ideologie dell’odio e della violenza: sono contro l’umanità, contro la civiltà, contro la vita, contro la libertà in tutte le sue forme; sono veramente le ‘tenebre’ dei nostri tempi.

Questi miliziani hanno sepolto vivi tante persone, ne hanno crocifissi altri, rubano e distruggono il patrimonio archeologico e culturale della Mesopotamia e della Siria, un patrimonio dell’intera umanità. Impongono alla gente di convertirsi all’islam e diventare come loro, offrendo come unica alternativa la morte: strappano le mogli dai loro mariti, le mamme dai loro figli e le ragazze, anche giovanissime, dai loro genitori per violentarle e venderle come schiave.

Dall’ultima guerra in Iraq del 2003 fino ad oggi, quasi tutte le chiese irachene sono state attaccate dai diversi gruppi armati. Un vescovo è stato rapito e ucciso, un altro vescovo rapito e poi liberato dietro pagamento di un riscatto. Cinque i sacerdoti uccisi. Altri sono stati rapiti come tanti altri cristiani rapiti e riscattati o uccisi, e a volte, pur riscattati, uccisi lo stesso.

Tre quarti dei cristiani iracheni hanno lasciato la loro patria e si sono rifugiati nei diversi paesi intorno all’Iraq o in Occidente. Mentre un quarto dei cristiani – circa 300mila – che ha preferito restare nella propria patria è vittima della persecuzione, della discriminazione e di un vero e proprio genocidio, come ha detto il patriarca della chiesa caldea Rofael Sako.

Le case, le chiese e tutto quello che appartiene ai cristiani è stato depredato dall’Isis. Le croci delle chiese e i monasteri sono state sostituite con la bandiera nera del califfato. I cristiani iracheni perseguitati continuano a seguire l’esempio e gli insegnamenti del Nostro Signore come ha fatto l’ex vescovo di Mosul, monsignor Faraj Paulos Rahho, che è stato rapito e ucciso, dopo che in un’omelia aveva detto: "Noi non abbiamo nessun nemico, ma se alcuni ci considerano come nemici, noi li amiamo lo stesso e preghiamo per loro, perché nostro Signore Gesù ci ha insegnato ad amare i nostri nemici e pregare per loro."

padre Rebwar Audish Basa (da Teofilo del 13 marzo 2016)

Ascolta l'omelia di padre Rebwar nella S.Messa del 13 marzo 2016.