60esimo Parrocchia 17.11.1963-17.11.2023

locandina“Ritiro quaresimale per famiglie 1 Aprile 2017

parrocchia S. Giovanni Bosco

comunità pastorale Giovanni Paolo II Seregno”

Questo il tema della giornata di ritiro per famiglie che si è tenuta sabato primo aprile, in sintonia con la proposta diocesana.

Il tema, messo a fuoco sapientemente da don Francesco Scanziani, era fondato sulla lectio divina del brano evangelico di Luca 9, 43b – 50, ed ha fornito ottimi spunti a sostegno del cammino delle non poche famiglie intervenute. Infatti, mentre alcuni volontari intrattenevano amabilmente i figli presso gli spazi offerti dalla parrocchia, i genitori hanno potuto serenamente e con impegno riflettere sulla Parola di Dio.

Come sempre, il brano biblico in questione offriva spunti in abbondanza, ma la precedenza era da rivolgere allo stico: “Chi accoglierà questo bambino nel mio nome accoglie me”.

La precedenza riguardo l’accoglienza era verso i nuclei famigliari e ai loro rapporti interni e poi all’apertura alla comunità e al mondo della famiglia.

Sono emerse diverse difficoltà che le coppie incontrano principalmente sul cammino della vita quotidiana, soprattutto nella ricerca di una sempre maggior comunione e nel tentativo di educazione dei figli. Accogliere vuol dire fare spazio e spesso questo si traduce nel cercare di superare asperità di carattere e magari rinunciare a qualche aspettativa per cedere il passo a esigenze altrui che anche solo per “disattenzione” non facevano parte del progetto di famiglia che ognuno per sé porta nel cuore.

Purtroppo, a causa della nostra intima struttura si fa prima a sentirsi esclusi che accolti e per contro è più facile “distrarsi” riguardo gli altri che tenerne conto. Da qui la necessità di fondo di lasciare sempre la porta aperta, la possibilità di dialogo sia al partner che ai figli in difficoltà, fare in modo che la misericordia abbia sempre la meglio.

Infatti il brano evangelico mette a fuoco la figura del bambino in quanto soggetto non considerato, figura marginale, così come era in uso in Israele ai tempi di Gesù: nessuno in famiglia e dalla famiglia si senta emarginato, non considerato.

Ancora di più, ciascuno si impegni a sempre favorire l’altro, in modo da favorire l’azione del Signore nel cuore di ciascuno, e questo torni poi a vantaggio di tutti.

Senz’altro può aiutare una lettura in filigrana del brano, a partire dal versetto 43b: “…. tutti erano ammirati…..”, ovvero, la necessità di lasciarsi istruire dal “maestro interiore”, sapere stupirsi di chi ci sta vicino e nostra volta stupire (ovviamente in bene), prevenendo il disagio anzi creando le condizioni favorevoli perché l’amore cresca.

Questo, tra l’altro, vuol dire anche rallentare, quando opportuno, i ritmi della vita, condizione senza la quale difficilmente riusciamo a contemplare, a fare spazio dentro di noi così che la nostra accoglienza stupisca, susciti ammirazione .

Un dipinto di van Gogh che campeggiava nel salone alle spalle del relatore, è stato proposto come supporto per la riflessione e magistralmente spiegato da don Sergio Dell’Orto. La tela, che riproduciamo anche qui, ci può venire in aiuto per cogliere i “gesti” dell’accoglienza.

La scena riprende una famiglia di contadini al rientro dal lavoro alla fine della giornata. I due genitori sono rappresentati in gesti più che accoglienti: il papà si abbassa al livello del figlio (o figlia) e apre le braccia invitando all’incontro, la mamma anch’essa china, guida il piccolo amorevolmente e il bambino si protende felice. Gli abiti dei genitori riprendono il colore del cielo (quasi a simboleggiare la cura del Padre celeste per i suoi figli), mentre il vestitino della piccola non ha un colore definito ( a dire la necessità di crescere sulle orme del Padre).

L’ammirazione di fronte a questo capolavoro ci invita a scoprire la forza dell’amore anche nei piccoli gesti quotidiani e sembra suggerire un necessario recupero della capacità di confrontarsi sinceramente e semplicemente, il saper lasciare spazi e “porte aperte” per una vita buona e armoniosa.

La giornata poi si è conclusa con la S. Messa e una cena dove si è condiviso ciò che ciascuno ha portato, a partire dalla capacità di ascolto e accoglienza, fondamento di momenti di serenità, comunione e crescita. Decisamente un’esperienza generatrice di speranza da riproporre nel tempo e a un numero maggiore di famiglie.