60esimo Parrocchia 17.11.1963-17.11.2023

“nel giorno”: Lettura: Is 52, 13-53, 12; Sal 87 (88); Epistola Eb 12, 1b-3; Vangelo: Gv 11, 55-12,11  "Signore, in te mi rifugio" 

“per la benedizione delle Palme”: Lettura: Zc 9, 9-10; Sal 47 (48); Epistola Col 1, 15-20; Vangelo: Gv 12, 12, 16 "Ecco, o figlia di Sion, il tuo re" 

 

All’inizio della Settimana Autentica l’epistola invita a tenere “fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento”.

La profezia di Isaia ne anticipa i lineamenti, consentendo di identificarlo con “l’uomo dei dolori che ben conosce il patire”, del quale la Chiesa sta per commemorare l’agonia e la morte.

A caratterizzare tutte le messe della domenica delle Palme ambrosiana, a eccezione di quella che segue la benedizione e la processione con gli ulivi e le palme, che ha un ordinamento proprio, è il brano giovanneo della cena in Betania e dell’unzione dei piedi di Gesù da parte della sorella di Lazzaro. Il testo costituisce, allo stesso tempo, il coronamento dell’itinerario catechetico battesimale e il preludio del Triduo santo, in particolare della deposizione di Gesù nel sepolcro. Se questo secondo significato è esplicitamente ricavabile dalla pericope evangelica, la prima prospettiva è intuibile nel commento che ne fa sant’Agostino nei già richiamati “Trattati sul vangelo di Giovanni”: “(Gesù) torna a visitare premurosamente il risorto (Lazzaro) e, per festeggiare questa risurrezione, partecipa lieto alla cena che gli ha preparato la sua Chiesa, nella quale chi era morto si ritrova con i convitati insieme con Cristo”.

Anche l’unzione compiuta da Maria è interpretata secondo un senso spirituale, del tutto confacente alla preparazione dei catecumeni, a partire dall’aggettivo “pisticus” usato dall’evangelista per caratterizzare il nardo versato da Maria.

Ritenerlo, sempre secondo sant’Agostino, “come un’indicazione del luogo da cui proveniva quell’unguento prezioso” non impedisce di considerarlo atto “ad esprimere magnificamente qualcosa di misterioso. In greco infatti “pistis significa fede”. Da qui l’esortazione del santo vescovo di Ippona: “sappi che «il giusto vive nella fede». Ungi i piedi di Gesù: segui le sue orme, conducendo una vita degna”.

(Don Norberto Valli, in "La Vita in Cristo e nella Chiesa")

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Santa Messa del 13 marzo 2016

Le prime vittime che hanno perso tutto con la guerra sono le persone più povere, le più pacifiche e vulnerabili, prese di mira da milizie, le più pericolose e crudeli di tutti i tempi.

Milizie che a loro volta sono vittime delle ideologie dell’odio e della violenza: sono contro l’umanità, contro la civiltà, contro la vita, contro la libertà in tutte le sue forme; sono veramente le ‘tenebre’ dei nostri tempi.

Questi miliziani hanno sepolto vivi tante persone, ne hanno crocifissi altri, rubano e distruggono il patrimonio archeologico e culturale della Mesopotamia e della Siria, un patrimonio dell’intera umanità. Impongono alla gente di convertirsi all’islam e diventare come loro, offrendo come unica alternativa la morte: strappano le mogli dai loro mariti, le mamme dai loro figli e le ragazze, anche giovanissime, dai loro genitori per violentarle e venderle come schiave.

Dall’ultima guerra in Iraq del 2003 fino ad oggi, quasi tutte le chiese irachene sono state attaccate dai diversi gruppi armati. Un vescovo è stato rapito e ucciso, un altro vescovo rapito e poi liberato dietro pagamento di un riscatto. Cinque i sacerdoti uccisi. Altri sono stati rapiti come tanti altri cristiani rapiti e riscattati o uccisi, e a volte, pur riscattati, uccisi lo stesso.

Tre quarti dei cristiani iracheni hanno lasciato la loro patria e si sono rifugiati nei diversi paesi intorno all’Iraq o in Occidente. Mentre un quarto dei cristiani – circa 300mila – che ha preferito restare nella propria patria è vittima della persecuzione, della discriminazione e di un vero e proprio genocidio, come ha detto il patriarca della chiesa caldea Rofael Sako.

Le case, le chiese e tutto quello che appartiene ai cristiani è stato depredato dall’Isis. Le croci delle chiese e i monasteri sono state sostituite con la bandiera nera del califfato. I cristiani iracheni perseguitati continuano a seguire l’esempio e gli insegnamenti del Nostro Signore come ha fatto l’ex vescovo di Mosul, monsignor Faraj Paulos Rahho, che è stato rapito e ucciso, dopo che in un’omelia aveva detto: "Noi non abbiamo nessun nemico, ma se alcuni ci considerano come nemici, noi li amiamo lo stesso e preghiamo per loro, perché nostro Signore Gesù ci ha insegnato ad amare i nostri nemici e pregare per loro."

padre Rebwar Audish Basa (da Teofilo del 13 marzo 2016)

Ascolta l'omelia di padre Rebwar nella S.Messa del 13 marzo 2016.

No al pessimismo sterile

La gioia del Vangelo è quella che niente e nessuno ci potrà mai togliere (cfir Gv 16,22). I mali del nostro mondo - e quelli della Chiesa - non dovrebbero essere scuse per ridurre il nostro impegno e il nostro fervore. Consideriamoli come sfide per crescere. Inoltre, lo sguardo di fede è capace di riconoscere la luce che sempre lo Spirito Santo diffonde in mezzo all ’oscurità, senza dimenticare che «dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia» (Rm 5,20). La nostra fede è sfidata a intravedere il vino in cui I’acqua può essere trasformata, e a scoprire il grano che cresce in mezzo delta zizzania.
Anche se con la dolorosa consapevolezza delle proprie fragilità, bisogna andare avanti senza darsi per vinti, e ricordare quello che disse il Signore a san Paolo: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12,9). II trionfo cristiano è sempre una croce, ma una croce che al tempo stesso è vessillo di vittoria, che si porta con una tenerezza combattiva contro gli assalti del male.
(E.G. 84-85)

Impegno settimanale

Cerco di vedere Gesù nelle persone che incontro e le ricordo nella preghiera.


Domenica 13 marzo

No al pessimismo sterile

Dt 6,4a; 26,5-11; Sal 104(105); Rm 1,18-23a; Gv 11,1-53

Marta disse a Gesù: Signore, se tu fossi Stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà. Gesù le disse: Tuo fratello risorgerà.. (Gv 11,21-23)

Con la morte tutto finisce, non ci sono più nuove opportunità. Si può cercare di fare qualcosa per evitare la morte di un altro, ma chi è morto ormai è perso per sempre. Ci imbattiamo in situazioni dove sembra che non ci sia più niente da fare. Ci sono persone che appaiono irrimediabilmente perse. Ci mettiamo una pietra sopra.
Noi, discepoli come Marta e Maria, siamo chiamati a credere in nuove possibilità di vita, nella risurrezione di situazioni e persone che sembrano sepolte definitivamente. Noi non ridiamo vita a nessuno, solo ci è chiesto di togliere la pietra perché entri la Parola di Vita di Gesù che grida «vieni fuori!». Il Signore dà vita nuova anche a chi sembra condannato per sempre. Anche a noi, anche a me.

Preghiamo

Dio della vita, sempre ci dai la gioia dì poter iniziare di >vo. Che davanti al fratello sepolto nel suo male non ci 'ano te braccia e non desista il nostro impegno di ovalizzare. Gesù, tu apri i sepolcri. Aiutaci a non chiuderli di nuovo, con la nostra indifferenza e passività, sfiducia e rassegnazione.


Lunedì 14 marzo

No al pessimismo sterile

Gen 37,2a-b; 39, 1-6b; Sal 118 (119), 121-128: Pr 27.23-27b; Me 8,27-33

Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

A volte vogliamo un Dio a nostra misura, secondo i nostri piani, che risponda alle nostre esigenze, un Dio a cui insegnare cos’è la vita. L’individualismo, la preoccupazione di sé, la chiusura al nuovo, il non voler cambiare pensieri e azioni, il cercare nell’immediato la soluzione dei problemi ed il successo, possono corrodere dall’interno la nostra fede, che continuiamo a professare senza seguire il cammino di Gesù, pretendendo che sia lui a seguire il nostro. Gesù è deciso, ma anche paziente con i discepoli: ancora una volta interroga, insegna, si manifesta nel suo amore che si sacrifica fino in fondo. Anche con noi, ancora una volta, aspetta che ci decidiamo a pensare non secondo gli uomini ma secondo la novità del Vangelo della croce.

Preghiamo

Signore, facci capire che perdiamo solo ciò che ci rubano, e non ciò che offriamo. Togli dal nostro cuore la paura della croce, la paura di amare senza misure, di perdonare settanta volte sette, di perder tempo e denaro anche per chi non merita. Signore, insegnaci ad amare secondo la tua croce.


Martedì 15 marzo

No al pessimismo sterile

Gen 25,27-34; Sai 118 (119),97-104; Pr 23,29-32; Mt 7,6-12

Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono.(Mt, 7,9-11)

Che cosa non fa un genitore per un figlio? Quindi, che cosa non fa Dio per noi? Quante volte, da adolescenti, dicevamo che i nostri genitori non ci consideravano, non facevano niente per noi, semplicemente perché ciò che ci offrivano non corrispondeva ai nostri desideri?
Il bene che ci vuole Dio, a volte, non lo capiamo subito, perché la sua mentalità è diversa dalla nostra. Noi vediamo sempre il nostro bene, lui vede, prima, il bene di tutti, che poi è anche il nostro. Ci siamo mai accorti di tutto questo?

Preghiamo

Come la cerva anela ai corsi d’acqua,
così I anima mia anela a le, o Dio.L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?
Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: «Dov ’è il tuo Dio?»
Salmo 41


Mercoledì 16 marzo

No al pessimismo sterile

Gen 49,1 -28; Sal 118 ( 119), 137-144; Pr 30.1a.2-9; Lc 18,31-34

Poi prese con sé i Dodici e disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e si compirà tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell’uomo: verrà infatti consegnato ai pagani, verrà deriso e insultato, lo copriranno disputi e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà». Ma quelli non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto. (Lc 18,31-34)

«Non capivano nulla» quando Gesù parlava parlava della sua Pasqua a Gerusalemme; non prospetta la Pasqua sua e nostra indicando i cammini di amore crocifisso che vi conducono, il suo parlare ci resta oscuro; e l’oscurità mette paura. Allora, continuando a stare formalmente con lui, andiamo altrove, guidati dalle parole che ci sono più congeniali: quelle della gloria personale e del successo apostolico inseguiti secondo gli schemi del mondo. Se mi dimentico di te, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra, mi si attacchi la lingua al palato...

Preghiamo

Dio, Padre di misericordia, donaci lo Spirito che vince ogni paura e infonde l'ardore della fede; apri i nostri orecchi all 'ascolto del tuo Figlio perché lo seguiamo sulle vie del!'amore crocifisso che portano alla piena comunione con Te. Amen.


Giovedì 11 marzo

No al pessimismo sterile

Gen 50,16-26; Sal 118 ( 119), 145-152; Pr 31,1.10-15.26-31 ; 27,9-11a; Gv 7,43-53

I capi dei sacerdoti e i farisei dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma ¡ farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!». (Gv, 7,45b-49)

Per il suo agire e il suo parlare, per il suo vivere, Gesù suscita stupore: detrattori e sostenitori, increduli e credenti sono accomunati dalla meraviglia per la sua novità. “Mai un uomo ha parlato così!”. La parola eterna di Dio è quella carne in forma di dono; la parola eterna di Dio è quel dito che scrive il perdono sulla terra dura del cuore degli uomini, parola eterna di Dio è quel pianto dell’Amore che trasfigura la vita e la morte di tutti. Parliamo anche noi così? Il mondo si meraviglia per la novità del nostro agire e del nostro parlare? Chiediamo in questa Quaresima che i nostri corpi abbiano la forma di Gesù, che le nostre parole suscitino stupore, non per astratte stranezze, ma per l’accento della misericordia.

Preghiamo

Perché le genti congiurano, perché invano cospirano i popoli? Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia: «Spezziamo, le loro catene, gettiamo via i loro legami». Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall’alto il Signore


Venerdì 18 marzo

No al pessimismo sterile

giorno aneucaristico

Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore, tuo Dio, corregge te. Osserva i comandi del Signore, tuo Dio, camminando nelle sue vie e temendolo(Dt, 8,5-6)

Quanto pessimismo sterile spegne la gioia del Vangelo! Spesso prevalgono anche tra noi i toni del lamento; eppure le misericordie di Dio scandiscono i passi di ogni uomo e donna lungo la storia, inventano i sussulti della bontà e dell’amore, accompagnano la missione della Chiesa a favore dei poveri e dei popoli. Perché non camminiamo sulle sue vie? Perché non osserviamo i suoi comandi? Siamo troppo concentrati su quanto dobbiamo fare noi; dobbiamo tornare invece, grati e commossi, a fare memoria di quanto il Signore ha fatto e fa per noi e per tutti. Soltanto la memoria grata del suo amore fedele nei nostri deserti può suscitare in noi lo sforzo lieto della fedeltà ai suoi comandi.

Preghiamo

Lampada per i miei passi è la tua parola, e luce sul mio cammino. Ho giurato e lo confermo, di custodire i tuoi precetti. Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti, sono essi la gioia del mio cuore. Ho piegato 11 mio cuore ai tuoi comandamenti, in essi è la mia ricompensa per sempre
Salmo 119


Sabato 19 marzo

No al pessimismo sterile

Dt 6,4-9; Sal 77 (78); Ef 6,10-19; Mt 11,25-30

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro».(Mt 11,25-28)

Gesù loda il Padre perché ha rivelato il Regno ai picccoli, ai semplici. La "vera" conoscenza di Dio non si acquista per mezzo di studi e ricerche teoriche, è offerta come dono, libero e gratuito. I "sapienti", pensando di poter conoscere Dio da se stessi, corrono il rischio di creare un Dio a loro immagine. Al contrario, i "piccoli", coscienti dei propri limiti, dipendono unicamente da Dio per conoscerlo. Allora, alla persona che si fa piccola, cioè si rende disponibile ad esser suo discepolo, Gesù rivela Dio, che è "Padre". Inoltre Gesù chiama coloro che sono oppressi e "stanchi" di vivere in una società governata da criteri estranei al Regno, si offre per alleggerire il loro peso. Il Suo "giogo" di amore è leggero, per accoglierlo basta essere umile di cuore come lo è Gesù.

Preghiamo

Signore Gesù, fa' che, contemplandoti mansueto e umile di cuore, io possa conoscere il Padre, e riconoscere in te la manifestazione del suo Amore misericordioso per l'umanità. E con te, aiutare i fratelli a portare il peso dei loro problemi.


Lettura: Dt 6, 4a. 20-25; Salmo 104 (105); Epistola: Rm 1, 18-23a; Vangelo: Gv 11, 1-53

Il Signore fece uscire il suo popolo fra canti di gioia

Nella tradizione ambrosiana la lettura del passaggio di Israele attraverso le acque del Mar Rosso non è propria della Veglia pasquale, ma della quinta domenica di Quaresima e attualmente è conservata nell’anno A. L’evento echeggia nella lettura tratta dal Deuteronomio contenente il “credo” di Israele: “Eravamo schiavi del faraone in Egitto e il Signore ci fece uscire dall’Egitto… per condurci nella terra che aveva giurato ai nostri padri di darci”. Il salmo torna sul medesimo tema, non solo nel ritornello, ma anche nella terza strofa: “Ha fatto uscire il suo popolo con esultanza, i suoi eletti con canti di gioia”. L’epistola invita al canto e alla lode del Signore, in un rendimento di grazie che si rispecchi nell’adesione esistenziale alla sua volontà. Il grandioso miracolo della risurrezione di Lazzaro narrato nel vangelo costituisce il culmine della catechesi catecumenale della Quaresima. Il morto già in decomposizione è l’immagine dell’umanità corrotta dal peccato, alla quale viene donata una vita nuova per l’azione efficace della grazia divina. La lunga pericope giovannea riporta anche la reazione dei capi dei sacerdoti e dei farisei, che decidono di condannare a morte Gesù in ossequio alla dichiarazione, suo malgrado profetica, di Caifa: “è conveniente che uno solo muoia per il popolo”. La liturgia introduce, in tal modo, gli eventi di cui si farà memoria a partire dalla prossima domenica.

 

(Don Norberto Valli, in "La Vita in Cristo e nella Chiesa")

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volto del CrocifissoSettembre, ore sette del mattino

Quando passo da lì, solitamente mi faccio bastare uno sbrigativo segno di croce. Oggi no: voglio fermarmi!

Il sole novello sta tingendo di luce i solchi incisi sulla figura scolpita nel legno. Non sono solo sotto la grossa croce, ma non mi meraviglia questa condivisione.

Anna Rizzo è una delle persone – tra le quali è obbligo ricordare con infinita gratitudine Fernando Confalonieri con la sua operosa squadra di volontari - che amorevolmente si prendono cura di quel sito con tanta passione.

La guardo mentre si occupa di bagnare le piante nei vasi o gettare quelle oramai appassite. Non è nativa di questo rione, dalla Calabria arrivò tanti anni fa trovando alloggio nei palazzi del “Crocione”.

Quel quartiere, nato attorno a quel luogo che ospita l’edicola ove si trova la grande croce, ne ha guadagnato il nome. Sostiene Anna, nella schietta semplicità che la caratterizza, che il tempo dedicato a Gesù non si debba contare!

Toglie le foglie cadute, sostituisce i ceri spenti e si ferma a guardare il bel Crocefisso corroso dalle stagioni…

Mi racconta di un furioso temporale che ha sradicato un lampione e, miracolosamente, ha solo danneggiato la logora targa celebrativa. Lamenta d’essere più volte inciampata sullo sconnesso pavimento pietroso; quei rami sono da tagliare; sono oramai gineprai incolti le aiuole; le inutili catene di recinzione arrugginiscono…

Ascolto, guardo, tocco e non posso che darle ragione. Afferma Anna, quanto sia importante quel luogo, quel Crocefisso, per la gente del quartiere, ma non solo. Nella storia di quel manufatto vi sono piantate le radici di una fede genuina che ha da sempre caratterizzato la nostra gente.

Sino al 1931 là, in via Solferino, vi era solo “la Cruseta”, una metallica crocetta posta sopra un cippo di granito. Questa bassa colonna, situata all’inizio dell’aperta campagna, era il luogo ove le famiglie solevano radunarsi per la preghiera prima delle quotidiane fatiche.

Fu Anna Confalonieri detta “Netta” a suggerirne la trasformazione, proponendo la sostituzione della “Cruseta” con un Crocefisso ligneo.

Dalla Val Gardena arrivò così un magnifico Gesù scolpito che fu fissato a una croce con copertura in tipico stile tirolese. La venerazione per quello che da allora fu chiamato “ul Crusun” divenne festa solenne, con imponenti coreografie a solennizzare l’avvenimento e partecipata sagra cittadina.

Questo sino al 1963, anno in cui fu consacrata la chiesa parrocchiale, che giustamente divenne il nuovo fulcro della vita religiosa.

La grande croce restò luogo di raccoglimento e invito visibile alla preghiera. Nel 1971 si provvide – per un voto espresso da una famiglia del quartiere - alla costruzione di una “cappelletta” a custodia e riparo del sacro manufatto, che però dovette trovare una nuova collocazione nel 1997, resasi necessaria per la modificata urbanizzazione del quartiere.

Da allora una piccola isola verde e alberata, immersa nel traffico e nei nuovi palazzi, ospita la croce con la venerata scultura del Cristo sofferente. Dopo avere ascoltato le parole preoccupate di Anna per le condizioni di quel luogo, avere documentato con alcune immagini quel degrado e visto l’inerzia delle autorità competenti, si è deciso d’intervenire come Confraternita, incoraggiati anche dalla costante e preziosa consulenza di don Gabriele.

Con il contributo di alcuni amici e con l’ausilio delle loro indiscusse capacità manuali, si è provveduto allo smontaggio delle parti staccabili della grossa croce che è stata ricoverata presso il laboratorio del signor Luigi Ferrario, dove si è provveduto alla loro riparazione, sverniciatura e ridipintura.

Il magnifico Gesù Crocifisso intagliato nel legno di cirmolo, vera opera d’arte proveniente dalla Val Gardena che ha visto passare ottantacinque primavere, è stato affidato alle cure amorevoli del signor Luigi Galli. Appassionato e abile falegname, utilizzando con estrema pazienza gli strumenti più adeguati, è riuscito a recuperarne l’originale naturalezza, rivelandone la sua perfetta unicità (ci siamo accorti che ha persino i denti intagliati nella bocca socchiusa).

La fase successiva è stata quella di portare la scultura a un competente restauratore, il signor Emiliano Bianco,che ha completato il risanamento del legno. Trattato con essenze adeguate che ne permetteranno il mantenimento in esterno, il manufatto potrà tornare nell’edicola che lo ospita, continuando a sfidare le intemperie e lo smog. La targa messa a ricordo della nuova sistemazione del 1997, è stata rifatta in marmo e ceramica a cura del signor Fausto Salmistraro.

Sono state tolte le arrugginite catene che ostacolavano l’accesso al luogo costringendo le persone a passare tra i cespugli. E’ stato denunciato il degrado di tutta l’area pubblica alle autorità competenti e ora attendiamo che almeno la sconnessa pavimentazione, causa d’inciampo per gli anziani, sia assestata. Non possiamo che essere riconoscenti verso tutte quelle persone che, volontariamente, gratuitamente e con tanta passione e competenza, hanno dedicato il loro tempo e le loro fatiche a quel luogo così caro a tutti noi, riportandolo al suo originale richiamo.

Nella serata del 25 Marzo, Venerdì Santo, dalla nostra chiesa muoverà una solenne processione che, meditando la passione e morte di Gesù, riaccompagnerà la risanata scultura del Cristo Crocifisso alla sua sede, come si fece - nonostante la pioggia - nella primavera dell’anno 2004, dopo il primo documentato intervento di restauro. Il “Crusun” attende le nostre preghiere, benedicendoci con la sua insostituibile presenza.

Quel luogo deve essere conservato perché è memoria delle nostre radici e testimonianza visibile della nostra fede, in rispetto delle volontà di chi ci ha preceduto su quel religioso cammino lastricato di segni di spontanea religiosità.

Un Confratello