60esimo Parrocchia 17.11.1963-17.11.2023

Dall'inizio del mio servizio episcopale in terra ambrosiana ho voluto insistere sulla necessità di riproporre quelli che, sulla scorta del secondo capitolo degli Atti degli Apostoli («Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere ( ... ) Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati» At 2,42.47), ho chiamato i quattro pilastri

fondamentali per l'edificazione della comunità ecclesiale: educarsi al pensiero di Cristo, la tensione a condividere gratuitamente con tutti i fratelli la propria esistenza perché abbiamo in comune Cristo stesso, la memoria eucaristica di Gesù e l'azione missionaria.

Tenendo conto dell'attuale tempo storico, ritengo urgente che nella nostra diocesi si approfondisca il tema del pensiero e dei sentimenti di Cristo.

È necessario riscoprire la dimensione culturale della fede, per vincere l'estraneità tra la nostra pratica cristiana e il concreto quotidiano.

a) Misericordia e cultura

La dimensione culturale della fede spalanca i credenti all'universale confronto con tutti e con tutto. Il discepolo di Cristo è pronto ad imparare da chiunque e da ogni situazione. La potente espressione dell'Apostolo: «Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono» (1 Ts 5,21) dice con chiarezza cosa sia l'autentico “'atteggiamento critico”: non sterile e spesso narcisistica opposizione, ma indefesso tentativo di cogliere il bene, ovunque e comunque si presenti, lasciando cadere ciò che non è tale.

Pensare la realtà secondo Cristo e pensare Cristo attraverso tutte le cose ci rende protagonisti di un nuovo umanesimo. Rende qualunque cristiano un uomo di cultura. Ogni fedele contribuisce alla maturazione della comunità cristiana e alla promozione di vita buona per tutti. Valorizzando ogni cosa, in un incessante e critico paragone con il nostro tempo, il cristiano annuncia, con la sua stessa esistenza, il Vangelo di Gesù Cristo ad ogni uomo.

La sua è sempre una proposta piena di rispetto e di amore per la libertà dell'altro. Da questo "sapere" di Cristo e in Cristo deriva la capacità di "giudicare" ogni cosa (cfr. verbo anacrino = passare con piena coscienza attraverso la realtà avendo capacità di coglierne il senso presente e nascosto)].

Cominciamo col dire che educarsi al pensiero di Cristo non consiste necessariamente nel proporre nuove iniziative, ma chiede anzitutto di rivedere quanto già stiamo vivendo nella nostra diocesi in modo che meglio esprima la dimensione culturale della fede ricevuta con il nostro battesimo. Nella società plurale che sempre più caratterizza la nostra metropoli, anche il cattolicesimo popolare tipico della nostra terra ambrosiana potrà diventare fecondo solo se la fede diventa mentalità stabile. In altri termini la fede è chiamata a diventare sempre più la forma della vita dei singoli e delle comunità cristiane.

In questa prospettiva la presente Lettera pastorale alla diocesi per il biennio 2015-2017 propone elementi di riforma che la Chiesa italiana, nella scia della testimonianza e del Magistero dei papi legati al Concilio Vaticano Il, sta facendo propri in modo sempre più esplicito.

Il rischio che potrei correre a questo punto è quello di mettere troppa carne al fuoco. Per evitarlo mi limiterò, dopo taluni rilievi sulla dimensione culturale della fede e il nesso misericordia-cultura, ad offrire qualche suggerimento sulla responsabilità culturale dei principali soggetti ecclesiali a partire dalle diverse vocazioni e stati di vita e, in secondo luogo, toccherò taluni ambiti dell'umana esistenza in cui i cristiani sono chiamati ad operare. Sarà compito delle parrocchie, delle comunità pastorali, dei decanati, delle zone pastorali e di ogni genere di aggregazione prendere direttamente l'iniziativa su tutti gli altri aspetti della vita cristiana che qui non possiamo approfondire. Tra l'altro su di essi non mancano pronuncia menti dell'Arcivescovo, del Consiglio Episcopale, dei Consigli Presbiterale e Pastorale, dell'assemblea dei Decani degli Uffici ecc.

1) La dimensione culturale della fede

Di fronte a un tale contesto, ci domandiamo: come valutare questo nostro tempo? Come le comunità cristiane, percorrendo le vie incontro all'umano, promuovono la vita buona del Vangelo?

La nostra vita di fede sa farsi proposta di un nuovo modo di guardare, sentire e comprendere l'esistenza? Queste domande chiariscono sinteticamente ciò che si vuoi dire parlando del rapporto tra la fede e le culture. Per cultura non intendiamo una realtà anzitutto fatta di studio e di libri, ma l'esperienza comune ad ogni uomo che, attraverso costumi e valori condivisi, comunica una visione della vita.

[ San Giovanni Paolo Il fece riferimento a questo significato della parola cultura citando una celebre affermazione di San Tommaso d'Aquino: «"Genus humanum arte et ratione vivit" (cfr. S.Thomae «In Aristotelis "Post. Analyt."», 1) (. .. ).11 significato essenziale della cultura consiste, secondo queste parole di san Tommaso d'Aquino, nel fatto che essa è una caratteristica della vita umana come tale. L'uomo vive di una vita veramente umana grazie alla cultura. La vita umana è cultura nel senso anche che l'uomo si distingue e si differenzia attraverso essa da tutto ciò che esiste per altra parte nel mondo visibile: l'uomo non può essere fuori della cultura. La cultura è un modo specifico dell’''esistere” e dell’”essere” dell'uomo. L'uomo vive sempre secondo una cultura che gli è propria, e che, a sua volta, crea fra gli uomini un legame che pure è loro proprio, determinando il carattere interumano e sociale dell'esistenza umana. Nell'unità della cultura, come modo proprio dell'esistenza umana, si radica nello stesso tempo la pluralità delle culture in seno alle quali l'uomo vive. In questa pluralità, L'uomo si sviluppa senza perdere tuttavia il contatto essenziale con l'unità della cultura in quanto dimensione fondamentale ed essenziale della sua esistenza e del suo essere», GIOVANNI PAOLO Il, Discorso all'Unesco, 2 giugno 1980 ].

Le nostre comunità hanno una straordinaria capacità di promuovere iniziative e servizi a diversi livelli. Ma, domandiamoci: queste nostre attività, di importanza indubbia, incidono in maniera determinante sul modo di concepire la vita nei suoi aspetti fondamentali?

Eppure la dimensione culturale della fede è costitutiva della vita della comunità cristiana. Non è qualcosa di opzionale o facoltativo. Sentiamo sempre più attuali le parole di san Giovanni Paolo Il: «La fede è chiamata ad ispirare, ad impregnare ogni cultura. È tutto l'uomo, nella concretezza della sua esistenza quotidiana, che è salvato in Cristo ed è, perciò, tutto l'uomo che deve realizzarsi in Cristo. Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta»[GIOVANNI PAOLO Il, Discorso ai partecipanti al Congresso Nazionale del Movimento ecclesiale di impegno culturale, in Insegnamenti V, 1 (1982) 131.]

Inoltre la nostra è ormai una società plurale in cui si incontrano e talora si scontrano diverse visioni del mondo. Ognuna di esse genera cultura con la quale interpreta le altre visioni del mondo. Così noi oggi assistiamo a diverse interpretazioni culturali del fatto cristiano. Ad esempio, secondo taluni i principali misteri cristiani (Trinità, Cristo, Eucarestia, Chiesa) con le loro implicazioni etiche e sociali sono solo dei miti superati che ostacolano l'autentico progresso. Anche all'interno della stessa compagine ecclesiale convivono interpretazioni della fede diverse. Da una parte si propugna una fede come fondamento di una religione civile che consenta una vita sociale buona. Dall'altra si afferma che conta solo la croce di Cristo e tutto il resto non deve assumere uno specifico segno cristiano ... È invece necessario approfondire e proporre le implicazioni antropologiche, sociali e cosmologiche dei misteri cristiani vissuti.

2) Coltivare la misericordia

La misericordia è il tratto principale del modo di pensare e di agire di Gesù. Il Santo Padre ha voluto che il motto di questo Anno Santo sia Misericordiosi come il Padre Cfr. FRANCESCO, Misericordiae vultus 13.]

Raccomando alla preghiera personale e alla considerazione comunitaria l'immedesimazione con le parabole della misericordia contenute nel Vangelo di Luca (cfr. Lc 15). Vi impariamo un modo di stare di fronte a noi stessi, agli altri, al creato e a Dio.

Invito a praticare le opere di misericordia corporali e spirituali. Esse generano atteggiamenti e gesti che, vissuti con fedele regolarità, lentamente rinnovano i nostri cuori. Inoltre, sempre in ascolto delle indicazioni del Santo Padre, sarà bene valorizzare il legame tra misericordia e pelleqrinaqqio. [Cfr. FRANCESCO, Misericordiae vultus 14].

Sono tanti i Santuari nella nostra diocesi e sono molto amati, visitati, vissuti. Ed il pellegrinaggio è una potente cammino di purificazione. I nostri giovani la prossima estate ne potranno fare esperienza privilegiata, partecipando alla XXXI GMG di Cracovia che Papa Francesco ha per l'appunto intitolato Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Lungo questo anno straordinario sarà decisivo riscoprire l'importanza del nostro battesimo e della celebrazione del sacramento della riconciliazione.

Questo sacramento rappresenta un'autentica pedagogia al pensiero di Cristo. Infatti chiedendo perdono per i nostri peccati e accogliendo la grazia della riconciliazione, il nostro sguardo riceve nuova luce dallo sguardo luminoso di Cristo.

Sarà opportuno, per questo, identificare in diocesi alcune chiese nelle quali i sacerdoti offrano ampia disponibilità per la celebrazione della riconciliazione sacramentale.

Il pensiero di Cristo ci aiuta anche a comprendere il nesso tra misericordia e giustizia: la giustizia è realtà decisiva per la vita sociale e la relazione tra gli uomini. Il pensiero di Cristo invita a cogliere misericordia e giustizia come «due dimensioni di un'unica realtà che si sviluppa progressivamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell'amore». [FRANCESCO, Misericordiae vultus 20]

b) Il pensiero di Cristo e la riforma della Chiesa

Dicevo che educarsi al pensiero di Cristo, ad avere i suoi stessi sentimenti, è la strada privilegiata per attuare quella riforma della Chiesa della cui urgenza siamo consapevoli.

1) La famiglia, soggetto di evangelizzazione

La famiglia è il soggetto primario dell'educazione al pensiero di Cristo e la più comune attuazione della vocazione e missione dei fedeli laici nella Chiesa. Ogni riforma della Chiesa sarebbe vana se prescindesse dalla centralità del matrimonio e della famiglia. L'attenzione che la Chiesa, anche andando contro corrente, ha riservato e sta riservando alla vocazione e alla missione della famiglia ne è chiara testimonianza. Oggi la mentalità comune quasi non riesce più a riconoscere il senso e la bontà del mistero nuziale, cioè dell'inscindibile nesso tra differenza sessuale, dono di sé all'altro e fecondità. [Cfr. A. SCOLA, /I mistero nuziale. Uomo-Donna. Matrimonio e Famiglia, Marcianum Press, Venezia 32014, 91-113]

Conviene notare che per vincere la grave separazione tra la fede e la vita occorre ripartire dalla famiglia come soggetto diretto di evangelizzazione. E «parlare di famiglia come soggetto di evangelizzazione non significa anzitutto coinvolgerne i membri, magari singolarmente, come attori di iniziative in parrocchia o nelle aggregazioni di fedeli, anche in gruppi familiari, ma mobilitare "la famiglia in quanto famiglia" (genitori, figli, nonni, parenti) alla testimonianza evangelica attraverso gli aspetti normali e costitutivi della sua vita quotidiana: gli affetti, il lavoro, il riposo, il dolore, il male fisico fino alla morte, il male morale, l'educazione, l'edificazione di comunità ecclesiali aperte (in uscita ma dall'appartenenza forte), il contributo alla vita buona e giusta nella società plurale». [ID., Famiglia, soggetto di evangelizzazione, in "Il Regno- Documenti" 16/201 S, 1-14, qui 3].

Proprio nel concreto della vita familiare ci è dato di scoprire come la sequela di Cristo generi pensiero di Cristo, cioè cultura.

Cosa vuoi dire per la famiglia educare al pensiero di Cristo? In essa si impara lo sguardo con cui Gesù stesso ha vissuto la Santa Famiglia di Nazareth e ha parlato della famiglia: «La casa di Nazareth è lo scuola dove si è iniziati a comprendere lo vita di Gesù, cioè lo scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Forse anche impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare ( ... ). Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazareth ci ricordi cose lo famiglia, cose lo comunione di amore, lo sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci faccia vedere come dolce ed insostituibile l'educazione in famiglia, ci insegni lo sua funzione naturale nell'ordine sociale» [Cfr. PAOLO VI, Visita alla Basilica dell'Annunciazione in Nazareth, 5 gennaio 1964.]

Pensando al coinvolgimento delle famiglie in quanto famiglie in azioni pastorali concrete, mi sembra importante sottolineare le seguenti possibilità, in parte già in atto tra noi. All'interno della stessa vita familiare: 1) la preghiera al mattino, alla sera e a tavola; 2) l'attenzione ad affrontare prontamente fatiche e contraddizioni senza lasciarle diventare ferite; 3) la consapevolezza della propria ininterrotta responsabilità educativa (si educa per osmosi); 4) l'equilibrio nel rapporto tenerezza-correzione; 5) la cura della convivialità quotidiana; 6) l'uso adeguato dei soldi e dei beni; 7) il giudicare i fatti (lieti e dolorosi); 8) il coinvolgimento organico della famiglia di prima generazione, ossia il riconoscimento pieno del compito educativo dei nonni all'interno della realtà familiare: documentare ai nipoti il significato della vecchiaia, della malattia, della morte come "medicina" necessaria per l'assunzione responsabile del senso della vita; educare alla temperanza (castità è dominio di sé) negli affetti; aiutare a comprendere il senso del lavoro: fortezza e sostegno nella ricerca del lavoro e serietà nell'assumerne il compito e l'impegno; 9) l'aiuto a scelte più impegnative e stabili come quelle dell'ospitalità nei confronti di situazioni di bisogno, oppure a forme più radicali di carità come l'affido e l'adozione. Dal punto di vista della famiglia e del suo coinvolgimento nella vita della comunità cristiana: 10) la condivisione perché cresca la fraternità tra le persone e le famiglie attraverso momenti semplici di incontro durante la giornata e la settimana; 11) l'importanza e la cura della benedizione delle case; 12) l'educazione dei figli (a partire dal battesimo), sostenendo il cammino della iniziazione cristiana nella sua integralità e la rilevanza della famiglia nella comunità educante che si sviluppa nell'ambiente dell'oratorio; 13) l'accompagnamento stabile dei fidanzati da parte di sposi nei percorsi di preparazione al matrimonio, non limitandosi a qualche sporadico incontro, ma favorendo una continuità di relazione; 14) la comunione ai malati e la presenza nell'ambito della pastorale sanitaria, considerando la nuova importanza che assume la parrocchia a partire dal mutato rapporto ospedale/territorio; 15) la vicinanza nelle situazioni di lutto familiare, di fatica, di difficoltà di varia natura e di prova. Infine, nella prospettiva della partecipazione alla vita sociale: 16) l'inserimento della famiglia nel quartiere e nelle sue problematiche; 17) l'impegno per la giustizia 18)I'amicizia civica per l'edificazione della vita buona e per prevenire conflitti, facendo fronte alle gravi situazioni di emarginazione presenti sul nostro territorio.

Nella prospettiva suggerita la famiglia favorisce il bene dell'incontro tra le generazioni, tra le famiglie di diversi ceti sociali, con le famiglie dei migranti cattolici (pensiamo alla possibilità di incrementare l'incontro con famiglie filippine o latino-americane, numerose sul nostro territorio), con le famiglie di altre confessioni cristiane, con le famiglie delle altre religioni e di tutti gli uomini di buona volontà.

2) Riforma del presbiterio e della vita consacrata

Decisiva per la riforma della Chiesa è la vocazione e la missione dei ministri ordinati che compongono il nostro presbiterio, cui spetta un compito fondamentale nella trasmissione della fede. Essi, in profonda e fattiva unità con il Vescovo con cui formano un unico presbiterio, sono chiamati ad essere pastori e maestri. I presbiteri, diocesani e religiosi, sono annunciatori del Vangelo, ministri dei sacramenti, in particolare dell'Eucaristia, ed educatori della fede. I diaconi, a loro volta, rendono presente nella comunità il servizio proprio di Cristo. Come abbiamo avuto modo di ricordare quest'anno, riprendendo ed approfondendo le indicazioni della Conferenza Episcopale Italiana, la riforma del clero ha bisogno che i ministri ordinati, immersi nella vita reale del popolo di Dio, siano ben radicati nella comune appartenenza al presbiterio.

Il nostro presbiterio è chiamato ad intensificare esercizi di comunione e a porre in atto processi di rinnovamento nella pratica del ministero.

La preghiera comune, il confronto stabile, la condivisione e la convivialità tra ministri ordinati aiuta molto a rinnovare il modo di pensare. La prima "conversione" richiesta è la consapevolezza del dono della comunione che ci precede sempre e che ci fa imparare a "pensare con': a "pensare insieme': a sentire in ogni cosa con la Chiesa, vincendo il rischio dell'individualismo.

In tal senso ritengo molto importante l'attività dell'équipe per la formazione permanente del clero, tesa a favorire la fedele custodia del celibato, della povertà e dell'obbedienza, incrementando uno spirito di autentica fraternità, che eviti le derive del clericalismo. Altrettanto utili risultano essere gli incontri del clero per fasce di età, con momenti di comunicazione, di confronto e di ascolto.

In questa prospettiva sono molto opportune le attività dell'lSMI per l'accompagnamento del clero nei primi dieci anni di servizio sacerdotale. Ad essa si è aggiunta quest'anno, per i presbiteri che cambiano destinazione, la decisione di riservare loro un tempo di riposo, di riflessione e formazione.

Anche il dono della vita consacrata risulta particolarmente prezioso per l'educazione al pensiero di Cristo. Proprio in questo anno che il Santo Padre ha voluto dedicare in modo speciale a questa vocazione nella Chiesa, abbiamo avuto l'occasione di richiamare il grande valore di tale forma di vita caratterizzata dalla sequela sine glossa di Gesù, casto povero ed obbediente. I fratelli e le sorelle chiamati alla vita consacrata devono poterci mostrare, con la testimonianza, in cosa consistano il pensiero e i sentimenti di Cristo. Mi riferisco a questo proposito alla presenza significativa della vita consacrata nella conduzione di scuole, ospedali, parrocchie ed in molte altre forme di pastorale ordinaria; penso alle numerose ed apprezzate opere a favore dei poveri e alle svariate forme di carità che incidono positivamente sul tessuto sociale della diocesi.

La presenza della vita consacrata offre ai fratelli costante apertura all'universalità della Chiesa. A loro volta tutte le realtà carismatiche custodiscano la consapevolezza di essere un dono che lo Spirito fa al popolo di Dio, nel qui ed ora della Chiesa locale. In tal modo i membri degli istituti di vita consacrata potranno illuminare profeticamente il cammino della comunità cristiana e dell'umana famiglia.

3) Pluriformità nell'unità

Vorrei ora gettare uno sguardo sulle realtà in cui l'azione del soggetto ecclesiale si dispiega giorno per giorno.

Mi riferisco alla realtà delle zone pastorali e dei decanati con la ricca rete di parrocchie e comunità pastorali, con i loro oratori e la varietà di gruppi, associazioni e movimenti. Essi sono i luoghi imprescindibili di educazione ad una fede che incida nella vita quotidiana del popolo. Vigilino perciò per evitare di ridursi a realtà a margine dell'esistenza e dei suoi problemi.

L'urgenza di educarsi al pensiero di Cristo, per poter esercitare fattivamente la dimensione culturale della fede in una società plurale e complessa, domanda una sempre più autentica integrazione pastorale di tutte le realtà di fedeli che costituiscono una ricchezza per la nostra Chiesa. Aggregazioni di fedeli, associazioni e movimenti, presenti in forme molteplici nella nostra diocesi, sono un dono prezioso dello Spirito.

Perché il loro contributo sia sempre più fecondo occorre che, da una parte, tali realtà si aprano con disponibilità e, dall'altra, siano accolte paternamente nell'azione pastorale della Chiesa.

Molte persone appartenenti a queste realtà già sono coinvolte soprattutto nell'iniziazione cristiana e nelle opere di carità. È però necessaria una maggior disponibilità reciproca, senza chiusure pregiudiziali, nel rapporto tra parrocchie, comunità pastorali, decanati e zone e tutte le aggregazioni di fedeli, associazioni e movimenti a carattere universale, nazionale e locale. Lo domanda lo stesso invito di Gesù: «tutti siano una sola cosa ( .. .) perché il mondo creda che Tu mi hai mandato» (Gv 17,21). Ogni fedele deve poter riconoscersi pienamente con la propria fisionomia personale e comunitaria nella Chiesa ambrosiana, per dare il suo contributo peculiare alla crescita del pensiero di Cristo. E questo a beneficio di tutti.

c) Alcuni ambiti privilegiati per l'educazione al pensiero di Cristo

Desidero individuare alcuni ambiti di cui, nel prossimo biennio pastorale, dovremo avere particolare cura affinché i fedeli siano aiutati in questo cammino di educazione al senso profondo della vita che l'incontro con Cristo schiude ai nostri cuori.

È evidente che ogni ambito della vita pastorale della Chiesa è ambito in cui educarsi a pensare secondo Cristo e a pensare Cristo attraverso tutte le cose.

Ne menziono esplicitamente alcuni in quanto presentano un carattere paradigmatico. In questa prospettiva quelli che, sulla scorta degli Atti degli Apostoli (At 2,42.47), abbiamo chiamato i pilastri fondamentali della vita della comunità cristiana devono essere vissuti in profonda unità. Altrettanto urgente è il richiamo a percorrere tutte le vie dell'umano, tanto più in questa società piena di avventura, ma anche di confusione.

1) La liturgia

Proprio da questo punto di vista, è necessario educarsi al pensiero di Cristo anzitutto nell'accostarci alla Parola di Dio. Essa ha il suo luogo fondamentale nella celebrazione eucaristica. Come ci insegna la Sacrosanctum Concilium, Cristo «è presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura» (SC 7). Ci si rende contemporaneo.

In questa prospettiva giova richiamarci un dato tanto familiare alle grandi tradizioni monastiche quanto dimenticato da noi oggi: c'è un rapporto profondo tra culto (con tutto quanto riguarda la liturgia), cultura e coltivare (ecologia). Si compie in pienezza quando noi lasciamo che la nostra vita quotidiana venga trasfigurata da quanto celebrato nel rito.

La liturgia cristiana, da un lato, si mostra come "celebrazione dei misteri di Cristo" e, dall'altro, come "celebrazione nel Mistero di Cristo" dei vari tempi del vissuto umano: la nascita, il matrimonio, la festa, la malattia, il lutto, etc. Tutto ciò ha una indubbia rilevanza culturale in quanto interviene a plasmare un modo di porsi nel mondo, di guardarlo, di sentirlo, di “giudicarlo” La dimensione profonda del reale è custodita e potentemente annunciata dalla liturgia cristiana, con le sue celebrazioni sacramentali ma anche con il suo anno liturgico. In questa direzione vanno promosse tutte quelle iniziative che aiutano il popolo cristiano a cogliere il senso della celebrazione. Particolare cura va data al canto liturgico e a tutto ciò che nella celebrazione liturgica favorisce una partecipazione, personale e comunitaria, adeguata, consapevole e fruttuosa (ascolto, silenzio, gesti, arredo, ecc.). Inoltre desidero che si ponga grande attenzione al patrimonio di cultura che la liturgia cristiana ha consegnato alla Chiesa e all'intera umanità. Penso alle architetture delle chiese, ai dipinti e alle sculture, testimonianze straordinarie di quanto il Vangelo sia in grado di generare civiltà e promuovere la bellezza dell'arte. Ritengo importante una riflessione di carattere pastorale che punti a valorizzare il patrimonio artistico prodotto dalla tradizione liturgica cristiana in modo intelligente, mostrando il nesso tra fede e cultura che qui si fa particolarmente evidente.

Auspico che si giunga presto a pubblicare un breve Cantorale diocesano (30-40 canti) che diventi patrimonio comune - senza con ciò escludere la libertà di scegliere altri canti appropriati - cui far ricorso soprattutto nelle visite parrocchiali del Vescovo e dei Vicari episcopali, nella celebrazione della confermazione e nei momenti diocesani.

Inoltre, in rapporto alla liturgia, mi preme sottolineare l'importanza dell'omelia domenicale. Per questo rinvio alle riflessioni contenute in Evanqelii Gaudium 135-144.

2) La catechesi

Speciale cura deve essere riservata alla catechesi a tutti i suoi livelli. Nel profondo rispetto di ogni tappa prevista secondo i tempi di ciascuno, occorre che ogni percorso di catechesi mostri la capacità della fede di interpretare l'esistenza in modo autentico. I misteri del cristianesimo non sono infatti una dottrina astratta; essi ci sono rivelati dalla Santissima Trinità per dischiuderci il senso della vita. Infatti, secondo l'illuminante formulazione di Gaudium et Spes 22, «Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta lo sua altissima vocazione». È decisivo il cammino che stiamo compiendo riguardo agli itinerari della iniziazione cristiana e dell'educazione dei ragazzi e dei giovani fino ad arrivare alla età adulta. Occorre che il nostro impegno catechetico giunga fino a tentare risposte alle domande cruciali che l'uomo del terzo millennio si pone. In particolare è stato avviato in questi anni un processo di rielaborazione della proposta d'lniziazione Cristiana. È da approfondire ulteriormente l'esperienza della comunità educante, mediante la quale viene offerta ai ragazzi la testimonianza di adulti capaci di quella comunione in Cristo che dà senso a tutta la vita. [Cfr. A. SCOLA, La comunità educante. Nota sulla proposta pastorale del triennio 207 7-2074, Centro Ambrosiano, Milano 2014.]

Non meno significativa è l'esperienza sempre più rilevante del Catecumenato degli adulti nella nostra diocesi. Stupisce sempre il racconto di chi chiede di “diventare cristiano” accompagnato dai fratelli nella fede. Si impara molto circa il modo di intendere il rapporto tra fede e “pensiero di Cristo” riflettendo sul perché e sul come questi nostri fratelli e sorelle, perlopiù provenienti da paesi e culture molto diversi, chiedono e si preparano a ricevere i sacramenti dell'iniziazione cristiana.

È sempre più viva l'esigenza di avviare in diocesi una riflessione sullo stato della catechesi degli adulti.

Quest'ultima ha un ruolo rilevante in ordine all'educazione al pensiero di Cristo in soggetti che vivono la stagione più intensa della vita. Un tale percorso catechetico dovrà valorizzare ed integrare le significative esperienze di riscoperta della fede già presenti sul territorio diocesano.

La catechesi sia collocata all'interno del vissuto della Chiesa, nella sua tradizione vivente, fatta di preghiera, di celebrazione dei Sacramenti, di testimonianza dei santi, di riflessione teologica, con particolare riferimento all'insegnamento del Magistero.

3) Le opere di carità e i luoghi della sofferenza

L'impegno nelle opere di carità e negli ambiti in cui l'uomo si trova a fare i conti con la sofferenza, con il dolore e con la morte riveste un ruolo centrale per l'educazione al pensiero di Cristo e ad avere il suo stesso “sentire”. Il pensiero di Cristo, infatti, ci conduce ad assumere in questo ambito lo stile di vita della cura e della gratuità.

Dobbiamo ringraziare il Signore perché nella nostra diocesi l'impegno per la carità è veramente ampio e fortemente qualificato. Le realtà promosse dalla Caritas, come anche le numerose opere ed istituzioni realizzate da istituti di vita consacrata e da aggregazioni ecclesiali, sono ammirevoli e riconosciute da tutti. Il linguaggio della carità è senza dubbio quello che ogni uomo e ogni donna comprende immediatamente, qualunque sia il suo orientamento di vita.

Questa capacità di parlare a tutti propria della carità dovrebbe aiutarci ad approfondire l'intrinseco rapporto tra la carità e la cultura, che spesso invece sfugge.

La carità porta con sé un preciso modo di guardare alla vita, genera cultura. Attraverso le opere di carità si promuove una visione autentica dell'uomo e del suo essere in relazione con gli altri, del suo destino e del senso della sua esistenza dal concepimento fino al suo termine naturale.

Le opere di carità diventano, in questo modo, un'occasione privilegiata di educazione integrale per coloro che le compiono e di testimonianza per tutti gli uomini e le donne che si incontrano.

Si fa qui quanto mai opportuna la già avviata riflessione sul nuovo umanesimo che valorizzi la persona come bene in se stesso e nelle sue relazioni fondamentali. Proprio nella prospettiva del nuovo umanesimo le nostre opere di carità, la nostra attenzione alle povertà, antiche e nuove, l'accoglienza degli immigrati e degli esclusi, la condivisione delle sofferenze nei luoghi mondiali di violenza e di guerra, il superamento della tragedia della fame nel mondo, l'urgenza di un'ecologia integrale e, più in generale, l'apertura veramente universale a condividere il bisogno dei popoli e a promuovere l'unità della famiglia umana, sono chiamate ad esprimere una visione della persona alla luce della rivelazione dell'amore nella Pasqua di Cristo.

L'esercizio della carità, inoltre, è una strada privilegiata per educarsi a nuovi stili di vita che diventino nello stesso tempo occasione di incontro e di confronto con le altre cosmovisioni presenti nella società plurale. Un impegno decisivo è richiesto oggi nel mondo della sanità, luogo di sofferenza ma allo stesso tempo spazio per tanti gesti di misericordia, capaci di trasfigurare il dolore e il male del mondo.

Educarsi al pensiero e al sentire di Cristo implica per la Chiesa sostenere in modo deciso realtà e persone che promuovano in questi ambiti quel nuovo umanesimo di cui abbiamo tanto bisogno.

Per questo occorre condividere le risorse, qualificare i servizi, formare il personale perché possa porre al centro del proprio lavoro il malato e i suoi familiari, mostrando come anche nella sofferenza, nella malattia e nella morte, la dignità dell'essere umano rimane inestirpabile agli occhi di Dio.

È auspicabile che in questo biennio il rapporto carità-pensiero di Cristo sia messo a tema da parte di tutte le opere sanitarie e assistenziali promosse da soggetti cristiani. In questo contesto, la pastorale della salute può diventare un punto creativo di riferimento per tutta la comunità cristiana, promuovendo percorsi di educazione alla cura del malato e dell'anziano nelle nostre parrocchie. Si tratta di sviluppare quel circuito virtuoso tra istituzioni e azione pastorale ordinaria, che la nostra Chiesa ha realizzato per dare concretezza alle opere di misericordia. In particolare, i nostri ragazzi e i nostri giovani, opportunamente accompagnati dagli educatori, possono vivere un rapporto con queste realtà come educazione al gratuito, per imparare ad amare in verità e pienezza.

4) Le opere educative e culturali

Se il grande dramma della nostra pratica cristiana è la separazione tra la fede e la vita, occorre qualificare nel miglior modo possibile l'impegno della Chiesa nel mondo della educazione, in particolare scolastica. In questo ambito i fedeli sono chiamati in modo speciale a dare il loro libero contributo ad una società veramente plurale e laica mediante una reale competenza illuminata dalla fede. La dimensione culturale della fede ci conduce a riaffermare con forza il principio della libertà di educazione. In questo contesto le scuole libere di ispirazione cristiana hanno un compito importante e delicato per mostrare quanto il pensiero di Cristo favorisca una ricerca, un insegnamento ed uno studio appassionati alla verità.

In questo modo esse danno un prezioso contributo alla vita buona della società.

La Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, l'Istituto Superiore di Scienze Religiose, la Biblioteca Ambrosiana, il Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra, la Scuola Beato Angelico, e l'Università Cattolica del Sacro Cuore, per loro stessa natura, hanno a cuore il tema del pensiero di Cristo. Tocca a queste istituzioni infatti proporre una riflessione sistematica e critica dell'esperienza cristiana.

Qui vorrei limitarmi a ricordare l'importanza decisiva della pastorale universitaria in una diocesi come la nostra che vede la presenza articolata sul territorio di non pochi e tanto significativi atenei.

Un particolare impegno sarà richiesto ai centri culturali, promossi dalla Chiesa, sia attraverso le parrocchie, sia attraverso associazioni, movimenti e istituti di vita consacrata. È necessario che le loro iniziative si coordino per affrontare in maniera più efficace, con un effettivo sguardo di fede, le questioni scottanti dibattute nella società.

Vanno altresì valorizzate e utilizzate le sale della comunità o strutture analoghe, che possono offrire proposte significative per favorire una mentalità illuminata dalla fede. Queste istituzioni e questi strumenti debbono, con ordinato equilibrio, mettersi a disposizione di tutti i soggetti presenti nella società plurale, in modo particolare dei fratelli cristiani, degli uomini delle religioni e di tutti gli uomini di buona volontà. Anche in questo modo la nostra diocesi intende valorizzare l'intrinseca apertura universale della Chiesa.

Per educare al pensiero di Cristo l'arte, nelle sue diverse forme, riveste un ruolo centrale. Da sempre nella storia della Chiesa essa ha accompagnato il modo cristiano di sentire e plasmare la vita.

Dall'arte figurativa alla musica, dall'architettura alla scultura, il cristianesimo ha trovato nella bellezza un canale fondamentale per esprimere e trasmettere la fede nella sua capacità di interpretare l'esistenza. Già nel 1964 il beato Paolo VI affermava la necessità di stabilire una nuova alleanza tra la Chiesa e gli artisti, dopo un tempo in cui ci si era vicendevolmente estraniati. [Cfr. PAOLO VI, Messa agli artisti nella Cappella Sistina nella solennità dell'Ascensione di Nostro Signore, 7 maggio 1964.]

Benedetto XVI ha ripreso questo passaggio del suo predecessore ricordando che «l'arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta con i grandi interrogativi dell'esistenza, con i temi fondamentali da cui deriva il senso del vivere, può assumere una valenza religiosa e trasformarsi in un percorso di profonda riflessione interiore e di spiritualità». [ BENEDETIO XVI, Incontro con gli artisti nella Cappella Sistina, 21 novembre 2009. ]

Vorrei anche ricordare il turismo, un altro ambito per promuovere la dimensione culturale della fede. La nostra diocesi ha già una lunga tradizione in proposito. Conoscere città significative, organizzare pellegrinaggi verso luoghi artistica mente e storicamente rilevanti - è notevole il numero di basiliche, monasteri e chiese, a cominciare dal nostro Duomo, che oltre ad essere meta di pellegrinaggi, sono di alto valore artistico -, con la preoccupazione di incontrare le comunità che vivono lì, costituisce una suggestiva possibilità per una pastorale incisiva.

In questa sede non si può evitare un cenno all'importanza dei mezzi di comunicazione sociale. Non si tratta qui di entrare in una materia tanto complessa, quanto piuttosto di mettere in risalto la decisività dell'educazione al pensiero di Cristo per un corretto uso di questi strumenti che tanto peso hanno nella formazione dell'opinione pubblica. Voglio solo richiamare un maggior impegno nel sostenere i mass media di ispirazione cristiana.

5) L'impegno nella società plurale

Infine, in senso più ampio, promuovere una educazione al pensiero di Cristo e al suo modo di sentire implica favorire un impegno fattivo, anche a livello sociale e politico, all'interno della nostra società plurale. [Cfr. FRANCESCO, Laudato si' 111 ]. Il nostro obiettivo non è in nessun modo quello di cercare l'egemonia. Ci interessa conoscere e testimoniare la sapienza nuova che viene da Cristo ed offrire all'uomo contemporaneo il nostro contributo per edificare la vita buona di tutti, consapevoli del bene che è l'essere insieme in una società in cui convivono persone portatrici di cosmovisioni diverse.

L'impegno sociale come luogo in cui educarci al pensiero di Cristo ci chiede di abitare davvero il presente. La memoria credente del pensiero di Cristo, il legame ai padri della Chiesa - «ciò che non è assunto, non è salvato» [L'assioma è normalmente attribuito ad Atanasio, ma fu Gregorio Nazianzeno a coniare la formula classica: «ciò che non è assunto non è sanato, ciò invece che è unito a Dio è salvato», GREGORIO NAZIANZENO, Ep ad C1ed., PG 37, 181. ] - ci ricordano che non si dà un “curare” l'umano senza “abitarlo”. Avere il pensiero di Cristo con un impegno specifico nella società plurale vuoi dire ripensare lo spazio sociale, convinti che lasciarsi interrogare da ogni altro soggetto personale e comunitario è una preziosa risorsa che attiva un'autentica ospitalità.